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Le poetesse nobili
Del Cinquecento italiano
Cantavano il loro uomo
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Forse unico –
Chiamandolo “ unico mio sole “.
Spero non m’illuda
D’esser tale anch’io
Per te.
Pregi e difetti certo
Avevano quegli uomini,
Io non son da meno,
Sì che spero tu mi ami
Così come sono anch’io.
Sarebbe comunque bello
Che tu mi idealizzassi
Così come io ti canto
Nei miei prosastici versi
Di poeta perennemente innamorato
Della tua bellezza
E della tua innegabile
Bontà di fondo.
-
-
CARDARELLI
Distacco
Io ti sento tacere da lontano.
Odo nel mio silenzio il tuo silenzio.
Di giorno in giorno assisto
all’opera che il tempo,
complice mio solerte, va compiendo.
E già quello che ieri era presente
divien passato e quel che ci pareva
incredibile accade.
Io e te ci separiamo.
Tu che fosti per me più che una sposa!
Tu che volevi entrare
nella mia vita, impavida,
come in inferno un angelo
e ne fosti scacciata.
Ora che t’ho lasciata,
la vita mi rimane
quale un’indegna, un’inutile soma,
da non poterne avere più alcun bene.
Io non so più qual era
il porto a cui miravo.
Per tanti luoghi insospettati e strani
mi trattenne l’amore, ch’è nemico
ad ogni alto destino
come il vento contrario al navigare :
dove persi il mio tempo
e logorai le forze del mio cuore.
Luoghi a cui, disertàti,
non tornerò giammai.
Sì che per me la terra
non è più che un asilo
vietato, un cimitero di memorie.
-
Un giovane amico
Scettico sul matrimonio
E persino sulla convivenza
Mi chiede
Quali i momenti più belli e convincenti
Di una vita di coppia.
Ed io :
-
Certo, se ti guardi intorno,
il panorama è desolante :
parabole troppo brevi,
grandi amori, creduti tali,
in frantumi!
Ma se c’è vero amore,
fatto di sentimento profondo,
prima e più ancora che
di attrazione fisica,
e dura almeno fino alla scomparsa
dolorosa ma fatale del partner?
I loro cuori sempre caldi,
le loro menti affollate
di dolci ricordi e nostalgìa
dei momenti più belli :
i primi sguardi sognanti,
le prime carezze, i primi baci,
i primi abbracci mozzafiato.
E poi tanti altri come
Gli amplessi al rientro dal lavoro
O da un viaggio o da eventi indesiderati,
la quiete dopo piccole tempeste,
il primo annuncio di maternità-paternità,
i primi vagiti e i primi sorrisi del neonato,
i suoi primi passi,
le sue prime bricconate.
Dunque, amico mio,
non vale la pena?
-
-
CARDARELLI
Amicizia
Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c’incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam riaspettati al passo,
bestie caute,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.
Amore
Come chi gioia e angoscia provi insieme
gli occhi di lei così m’hanno lasciato.
Non so pensarci. Eppure mi ritorna
più e più insistente all’anima
quel suo fugace sguardo di commiato.
E un dolce tormento mi trattiene
dal prender sonno, ora ch’è notte e s’agita
nell’aria un che di nuovo.
Occhi di lei, vago tumulto. Amore,
pigro, incredulo amore, più per tedio
che per gioco intrapreso, ora ti sento
attaccato al mio cuore ( debol ramo )
come frutto che geme.
Amore e primavera vanno insieme.
Quel fatale e prescritto momento
che ci diremo addio
è già in ogni distacco
del tuo volto dal mio.
Cosa lieve è il tuo corpo!
Basta ch’io l’abbandoni per sentirti
crudelmente lontana.
Il più corto saluto è fra noi due
un commiato finale.
Ogni giorno ti perdo e ti ritrovo
così, senza speranza.
Se tu sapessi com’è già remoto
il ricordo dei baci
che poco fa mi davi,
di quel caro abbandono,
di quel folle tuo amore ov’io non mordo
che sapore di morte.
-
Parole no,
solo sguardi teneri
e sospiri.
Mano nella mano,
lungo il sentiero
fra i mille colori dell’autunno.
Come adolescenti tesi
verso un’indefinita felicità,
al riparo dai rumori del mondo.
-
CARDARELLI
Sera di Liguria
Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s’accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.
Natura
Per te risorgono le viete immagini.
La tua giovane testa ricciuta è come il pomo del tirso –
corpo inastato, festivo, tragico.
Tu non conosci l’ampio arco impetuoso del tuo sorriso :
come sfolgori, come si dilati una tua mossa rapida!
Io sono il tuo martire e il tuo testimone.
Talvolta la tua presenza mi tocca come un’immersione improvvisa nella primavera.
Tu sei l’incanto delle mattine che non torneranno.
Stupefatte e straordinarie mattine, da non sapere la nostra irrisorietà come entrarci!
Ritmo, verginità, perfezione.
-
Amore,
non voglio perderti,
e non per istinto maschilista
di possesso o per insana gelosìa,
come talora sembra
tu voglia dirmi.
Invero non potrei fare a meno
di te,
chè sei il respiro della mia anima,
il senso della vita mia,
la compagna da cui mai
potrei separarmi,
se non a rischio
di profonda depressione
e disprezzo della vita stessa.
Amore,
continua ad amarmi
com’io ti amo,
e sempre più.
Che nemmeno l’aldilà
ci separi!
-
Bocca aulente più che rosa,
petto eburneo odoroso,
volto bello
luminoso più che sole di maggio,
persona tutta
armoniosa.
E’ questo il gran valore
della mia sposa.
Ma più ancora
La saggezza della mente sua
E i suoi infallibili consigli.
-
GUIDO GOZZANO
Da “ I colloqui “
La signorina Felicita : 3
Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga…
E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d’efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l’iridi sincere
azzurre d’un azzurro di stoviglia…
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
rideva una blandizie femminina.
Tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, signorina :
e più d’ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!
Ogni giorno salivo alla tua volta
pel soleggiato ripido sentiero.
il farmacista non pensò davvero
un’amicizia così bene accolta,
quando ti presentò la prima volta
l’ignoto villeggiante forestiero.
Talora – già la mensa era imbandita –
mi trattenevi a cena. Era una cena
d’altri tempi, col gatto e la falena
e la stoviglia semplice e fiorita
e il commento dei cibi e Maddalena
decrepita, e la siesta e la partita…
M’era più dolce starmene in cucina
tra le stoviglie a vividi colori .
Tu tacevi, tacevo, signorina :
godevo quel silenzio e quegli odori
tanto tanto per me consolatori
di basilisco d’aglio di cedrina…
Vedevo questa vita che m’avanza:
chiudevo gli occhi nei presagi grevi;
aprivo gli occhi . tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!
-
Ormai m’è agevole
iI mio sogno ricorrente.
E’ certo.
Sia pure sotto
mentite spoglie,
hai ridestato
lo schianto dell’abbandono,
il dolore e la disperazione
sempre vivi
nella mia fragile esistenza.
-
DI GIACOMO
-
Tutto si scorda
Tutto, tutto si scorda,
tutto o si cambia o muore;
e una chitarra è amore
che non ha una sola corda.
Oggi sei tu; domani,
forse, un’altra sarà;
e poi un’altra, chissà,
se tempo ci rimane.
Occhi celesti o neri,
colore di giglio o di rosa,
sempre, sempre una sola cosa,
sempre gli stessi sospiri!
Se, sospirando, io dico :
“ Quanto mi sei costata! “,
tale e quale a qualche altra
tu sospiri con me…
Tutto, tutto si scorda,
tutto o si cambia o muore,
e una chitarra è amore,
che non ha una sola corda.
Ma, tremando,questa mano
certe volte si scorda :
e torna la prima corda
a tentare, piano piano.
E un sogno che desta
tante cose, o addormentate,
o lontane, o finite,
esce da sotto a queste dita…
-
...è bello pensare che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo cominciare una chitarra
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lullabyblue0 ha aggiunto una reazione
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-
CASTELSARACENO
Ecco un’altra meraviglia
Della Terra dei Lucani.
Castelsaraceno, pittoresco
“ Paese dei due Parchi “:
Ad occidente l’Alpi boscoso del Pollino,
ad oriente il calvo monte Raparo
ai margini del Parco della Val D’Agri – Lagonegrese.
Habitat di lupi, aquile e gufi reali, falconi,
lontre e picchi neri.
E regno di faggeti, castagneti e pini loricati
Che somigliano al nostro amore corazzato
Contro il tempo vorace.
Ah, se fossimo ancor in età giovanile!
Saremmo ai piedi della compatta cascata
Del Torrente Racanello
E immersi nel laghetto sottostante
Come timida ninfa tu
E fauno famelico io.
Ci basta aver risalito la china
Che porta al bosco delle novelle castagne,
da noi raccolte con rito quasi religioso.
E aver assistito al taglio del tronco
Che s’eleva come “antenna”,
trofeo per l’ardito fortunato
che ne farà legna per l’imminente inverno
come da atavica consuetudine.
E ci ha dato felicità di coppia,
al rientro in pullman,
tenere stretta la tua eburnea mano
tra le mie amorevoli mani.
-
S. DI GIACOMO
Da “ Ariette e sonetti “
-
Pianoforte di notte
Un pianoforte di notte
suona di lontano
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
E’ l’una . Dorme il vico
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! E che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentir cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vico,
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora. E resta,
incantandosi, a pensare.
-
un ritmo delicato ma inesorabile, lontano ma profondo, la musica di un pianoforte nella notte, come una delicata e notturna pioggia estiva
-
tacchialti94 ha aggiunto una reazione
-
-
Cara Matilde,
anche tu
per la prima volta
ti accosti all’altare
per partecipare
alla mensa del Signore.
Giorno importante
nella tua esistenza
come quello in cui
apristi gli occhi alla vita
per la prima volta.
L’abito bianco
riflette il tuo candore
e preannuncia
in piena felicità
il tuo luminoso futuro.
Con l’augurio
di una vita di fede
sempre viva
da parte di tutti i tuoi cari.
-
SALVATORE DI GIACOMO
Da “ Sonetti antichi “ (tradotti dal napoletano)
I – Nannina
Occhi di sogno, neri, appassionati,
che del miele la dolcezza avete,
perché, con questo guardare che fate,
voi un braciere in petto m’accendete?
Vi manca la parola e mi parlate,
-pare che senza lacrime piangiate,-
di questa faccina bianca anima siete,
-occhi belli, occhi dolci, occhi fatati!
Voi, che insieme ai fiori vi aprite,
-e insieme con i fiori vi chiudete,-
fiori di passione mi apparite.-
Voi, sentimento degli innamorati,
-m’avete fatto male e lo sapete,-
occhi di sogno, neri, appassionati!
Da “ Canzoni “
A Marechiaro
Quando spunta la luna a Marechiaro,
anche i pesci vi fanno all’amore,
si agitano le onde del mare,
per la gioia cambiano colore,
quando spunta la luna a Marechiaro…
A Marechiaro c’è una finestra,
la mia passione vi bussa,
un garofano odora su una testa,
passa l’acqua di sotto e mormora…
A Marechiaro c’è una finestra…
Chi dice che le stelle sono lucenti,
non conosce questi occhi che tu hai in fronte,
questi due occhi li conosco io solamente,
dentro il cuore ne ho le punte.
Chi dice che le stelle sono lucenti?
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce,
quando mai tanto tempo ho aspettato?
Per accompagnare i suoni con la voce,
stasera ho portato una chitarra…
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce!...
-
SALVATORE DI GIACOMO
Da “ Sonetti antichi “ (tradotti dal napoletano)
I – Nannina
Occhi di sogno, neri, appassionati,
che del miele la dolcezza avete,
perché, con questo guardare che fate,
voi un braciere in petto m’accendete?
Vi manca la parola e mi parlate,
-pare che senza lacrime piangiate,-
di questa faccina bianca anima siete,
-occhi belli, occhi dolci, occhi fatati!
Voi, che insieme ai fiori vi aprite,
-e insieme con i fiori vi chiudete,-
fiori di passione mi apparite.-
Voi, sentimento degli innamorati,
-m’avete fatto male e lo sapete,-
occhi di sogno, neri, appassionati!
Da “ Canzoni “
A Marechiaro
Quando spunta la luna a Marechiaro,
anche i pesci vi fanno all’amore,
si agitano le onde del mare,
per la gioia cambiano colore,
quando spunta la luna a Marechiaro…
A Marechiaro c’è una finestra,
la mia passione vi bussa,
un garofano odora su una testa,
passa l’acqua di sotto e mormora…
A Marechiaro c’è una finestra…
Chi dice che le stelle sono lucenti,
non conosce questi occhi che tu hai in fronte,
questi due occhi li conosco io solamente,
dentro il cuore ne ho le punte.
Chi dice che le stelle sono lucenti?
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce,
quando mai tanto tempo ho aspettato?
Per accompagnare i suoni con la voce,
stasera ho portato una chitarra…
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce!...
-
Il tempo vola
E la vita è breve sogno.
E pur vale la pena
Viverla intensamente.
Con gioie e dolori, sì,
Ma giova viverla comunque la vita,
Specie se l’accompagna
L’amore.
Che è luce, calore, fiducia,
Speranza, illusione.
Anche dispiaceri e delusioni,
Certo,
Ma il tutto dà un senso
Al cammino terreno.
Specialmente se fiacca
È la fede in Dio
E viviamo nello smarrimento.
Beati coloro che si amano
In una tensione verso il Creatore
Dell’amore.
-
Senza tempo
È ormai
Il nostro amore,
Poi che dura
Da mezzo secolo,
Ossia da che primieramente
Mi balzò il cuore in petto
Alla vista della tua
Singolare bellezza :
Ovale di madonnina,
Occhi luminosi e ridenti,
Bocca rosata e denti di perla,
Linea e rotondità perfette,
voce chiara
e timidezza verginale.
Che schianto!
-
le foglie sono cadute,
cadute dagli alberi
e mi ricordo
il tuo sorriso di sole.
In primavera mi hai fatto pensare
a quanto belli siano stati gli occhi
che smarrirono la mia estate
tra i filari della vite
Non c'è nessuno
che possa svegliare il mio autunno.
innamorato di te
nell'incanto del cadere delle foglie,
nella nebbia d'inverno.
Le foglie sono cadute,
cadute dagli alberi.
-
-
PASCOLI
Dai “ Canti di Castelvecchio “ ( 1903 – 1911 )
La tessitrice
Mi son seduto su la panchetta
come una volta…quanti anni fa?
Ella, come una volta, s’è stretta
su la panchetta.
E non il suono d’una parola ;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico : “ Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te? “.
Piange e mi dice d’un cenno muto :
“ Come hai potuto? “.
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo : “ Perché non suona
dunque l’arguto pettine più ? .
Ella mi fissa timida e buona :
“ Perché non suona ? “.
E piange, piange : “ Mio dolce amore,
non t’hanno detto ? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Sì, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so :
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò “.
-
Quanti sospiri
Traevo dal petto,
Quante lacrime dai miei occhi.
Quell’anno infausto in cui
Per stupide incomprensioni
E avverse circostanze familiari
La vita ci tenne lontani,
Tu a Boiano, io a Gravina!
Gran torto subì
Il nostro amore.
Ancora dopo tanti anni
Ti chiedo perdono
Per la mia parte di colpa.
Dolcissima, però, torna alla mente
La memoria
Della tanto attesa rappacificazione.
Com’eri tenera a telefono,
Mentre ti chiedevo perdono
Per la prima volta
E ti confermai
Che il mio cuore batteva
Ancora forte per te
E mi eri mancata tanto!
Quale non fu la consolazione
A udire il tuo secondo “sì”.
Sì, mi amavi ancora!
-
Quale un’aulente rosa
Fresca di rugiada,
Esci dal vano doccia
In accappatoio avvolta
Di celestial colore.
Ed io che bramoso attendo
Ti cingo, tuo malgrado,
Tra le braccia
E bevo ad una ad una
Le gocce che ti cadono sul viso.
Inizia il tuo tremore
E le nostre bocche
Freneticamente
Si cercano e si suggellano.
Tale Venere
S’intrecciava ad Adone
-
PASCOLI
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tramonti “
I – La Sirena
La sera, fra il sussurio lento
dell’acqua che succhia la rena,
dal mare nebbioso un lamento
si leva : il tuo canto, o Sirena.
E sembra che salga, che salga,
poi rompa in un gemito grave.
E l’onda sospira tra l’alga,
e passa una larva di nave :
un’ombra di nave che sfuma
nel grigio, ove muore quel grido;
che porta con sé, nella bruma,
dei cuori che tornano al lido :
al lido che fugge, che scese
già nella caligine, via;
che porta via tutto, le chiese
che suonano l’avemaria,
le case che su per la balza
nel grigio traspaiono appena,
e l’ombra del fumo che s’alza
tra forse il brusìo della cena.
-
Quanti sospiri
Traevo dal petto,
Quante lacrime dai miei occhi.
Quell’anno infausto in cui
Per stupide incomprensioni
E avverse circostanze familiari
La vita ci tenne lontani,
Tu a Boiano, io a Gravina!
Gran torto subì
Il nostro amore.
Ancora dopo tanti anni
Ti chiedo perdono
Per la mia parte di colpa.
Dolcissima, però, torna alla mente
La memoria
Della tanto attesa rappacificazione.
Com’eri tenera a telefono,
Mentre ti chiedevo perdono
Per la prima volta
E ti confermai
Che il mio cuore batteva
Ancora forte per te
E mi eri mancata tanto!
Quale non fu la consolazione
A udire il tuo secondo “sì”.
Sì, mi amavi ancora!
-
Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
-
Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
-
MONTALE
xxx
Tergi gli occhiali appannati
se c’è nebbia e fumo nell’aldilà,
e guarda in giro e laggiù se mai accada
ciò che nei tuoi anni scolari fu detto vita.
Anche per noi viventi o sedicenti tali
è difficile credere che siamo intrappolati
in attesa che scatti qualche serratura
che metta a nostro libito l’accesso
a una più spaventevole felicità.
E’ mezzogiorno, qualcuno col fazzoletto
ci dirà d’affrettarci perché la cena è pronta,
la cena o l’antipasto qualsivoglia mangime,
ma il treno non rallenta per ora la sua corsa.
-
Ad un Montale maturo le rispondo in antitesi con un montale più fresco e dolce.
QuoteMeriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.a me piace ricordarlo così, raccontato dalla luce che infuoca i suoi amati muretti a secco :)
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