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Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
-
Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
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MONTALE
xxx
Tergi gli occhiali appannati
se c’è nebbia e fumo nell’aldilà,
e guarda in giro e laggiù se mai accada
ciò che nei tuoi anni scolari fu detto vita.
Anche per noi viventi o sedicenti tali
è difficile credere che siamo intrappolati
in attesa che scatti qualche serratura
che metta a nostro libito l’accesso
a una più spaventevole felicità.
E’ mezzogiorno, qualcuno col fazzoletto
ci dirà d’affrettarci perché la cena è pronta,
la cena o l’antipasto qualsivoglia mangime,
ma il treno non rallenta per ora la sua corsa.
-
Ad un Montale maturo le rispondo in antitesi con un montale più fresco e dolce.
QuoteMeriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.a me piace ricordarlo così, raccontato dalla luce che infuoca i suoi amati muretti a secco :)
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Dolce il mormorìo
Di questo lento torrentello.
Più dolci le tue parole
Che giungono al cuore
E lo riscaldano.
Mentre anche noi lentamente,
Lungo il rasente sentiero,
Nel bosco andiamo
E ammiriamo le foglie multicolori
Che l’Autunno regala agli umani,
Alla terra e a quanti esserini
Vi brulicano e fan provviste
Per l’imminente rigido inverno.
Vedi, fauni e ninfe
Ci spiano e si riparano
Dietro i tronchi muschiati,
E attendono curiosi ed invidi
I nostri baci
E i nostri slanci.
Posavo il capo
Sul morbido tuo grembo
E miravo le serene stelle
Delle tue pupille,
Ardendo nel desìo di morire
In tal soave e felice stato.
Eri e sei
La mia viva speranza
Che tu non sia mai
Separata da me.
Proprio non potrei tollerare
Una tua assenza,
Anche temporanea.
Oh, non potrebbe mai spegnersi
Il fuoco che da così tanto
Hai acceso nel mio cuore!
I dolci baci di una volta
Lascia ch’io sugga
Dalle tue morbide labbra.
Dolorosamente ricordo
Le lente carezze
Sulle guance arrossate
E l’arruffo della tua mano
Sui miei capelli.
Gli abbandoni tra le mie braccia
E i labili sussurri agli orecchi.
Le tue confidenze e i tuoi sfoghi.
I tuoi timori e le tue incertezze.
La tua innocenza di sguardi e di atti.
Tutto questo mi manca…
Quando il tuo volto
È rabbuiato.
-
Mai è stato
E che mai sia diviso
Da te il mio cuore.
Come fu per famosi
Giovani amanti dell’Antichità:
Ero e Leandro, Piramo e Tisbe,
Florio e Biancofiore, Tristano e Isotta,
Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca,
Gl’immortali Romeo e Giulietta.
E tanti altri cantati da grandi poeti:
Come Dante che amò Beatrice,
Petrarca che amò Laura,
Boccaccio Fiammetta.
E Ariosto e Tasso, che amarono
Serenamente il primo,
Tormentosamente il secondo.
Platonicamente Leopardi,
Teneramente Manzoni la sua angelica Enrichetta,
Passinonalmente Foscolo,
Virilmente Carducci,
Sensualmente l’estetizzante D’Annunzio,
Discretamene e melanconicamente Pascoli,
Così come Ungaretti, Montale, Quasimodo,
Saba, Cardarelli, Luzi.
Sai perché?
Perché l’amore è universale
E il cuore del poeta
È più tenero
Per sua nartura.
-
PASCOLI
VIII- Notte
Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora :
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora :
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti :
così parlando aspettano l’aurora.
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tristezze “
II - Rammarico
Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?
Verso Occidente, o dolce madre Aurora,
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s’alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall’azzurro la grand’Orsa,
e sta nell’arme fulgido Orione.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s’avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incita,
canta lassù la lodola – apparìta
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone! –
-
Il broncio tuoPiù di un giornoNon sopporto.Davvero non è necessarioChe le tue dolciLabbra di rosaMi domandino ancoraSe è vero e unico amoreIl mio.Già che la sorteTutto può togliermiFuorchè l’amore mio per te,Unico e solo. -
Ecco ride l’Oriente
E un raggio di sole
Indora la tua limpida fronte
E ridona il rosa
Alle tue molli labbra,
Che età non discolora
Né increspa.
Le tue pupille brillano
Come la stella mattutina.
M’invade l’odor femmineo
Del talamo
E m’inebrio del profumo
Singolare che solo è tuo
E di nessun’altra.
-
MONTALE
xxx
Tergi gli occhiali appannati
se c’è nebbia e fumo nell’aldilà,
e guarda in giro e laggiù se mai accada
ciò che nei tuoi anni scolari fu detto vita.
Anche per noi viventi o sedicenti tali
è difficile credere che siamo intrappolati
in attesa che scatti qualche serratura
che metta a nostro libito l’accesso
a una più spaventevole felicità.
E’ mezzogiorno, qualcuno col fazzoletto
ci dirà d’affrettarci perché la cena è pronta,
la cena o l’antipasto qualsivoglia mangime,
ma il treno non rallenta per ora la sua corsa.
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Ecco ride l’Oriente
E un raggio di sole
Indora la tua limpida fronte
E ridona il rosa
Alle tue molli labbra,
Che età non discolora
Né increspa.
Le tue pupille brillano
Come la stella mattutina.
M’invade l’odor femmineo
Del talamo
E m’inebrio del profumo
Singolare che solo è tuo
E di nessun’altra.
-
Nell’orecchio mi favella
Amica voce
E mi assicura che anche tu
Corrispondi
Al mio appassionato amore,
Come prima,
Forse più di prima,
Ora che si fa più greve
Il fardello degli anni,
E si avvicina ambìto
Il cinquantesimo volger di anni
Da che davanti a Dio
E agli uomini
Ci giurammo reciprocamente
Di continuare ad amarci
Fin che morte non ci separi.
-
XVI – Ultimo canto
Solo quel campo, dove io volga lento
l’occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello vi si trascolora.
Fragile, passa fra’ cartocci il vento:
uno stormo di passeri s’invola :
nel cielo è un gran pallore di viola.
Canta una sfogliatrice a piena gola :
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.
XVII – Il piccolo bucato
Come tetra la sizza che combatte
gli alberi brulli e fa schioccar le rame
secche, e sottile fischia tra le fratte!
Sur una fratta ( O forse è un biancor d’ale? )
un corredino ride in quel marame :
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.
Ad ogni soffio del rovaio, che romba,
le fascie si disvincolano lente;
e da un tugurio triste come tomba
giunge una nenia, lunga, paziente.
-
PASCOLI
VIII- Notte
Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora :
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora :
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti :
così parlando aspettano l’aurora.
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tristezze “
II - Rammarico
Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?
Verso Occidente, o dolce madre Aurora,
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s’alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall’azzurro la grand’Orsa,
e sta nell’arme fulgido Orione.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s’avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incita,
canta lassù la lodola – apparìta
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone! –
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XVI – Ultimo canto
Solo quel campo, dove io volga lento
l’occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello vi si trascolora.
Fragile, passa fra’ cartocci il vento:
uno stormo di passeri s’invola :
nel cielo è un gran pallore di viola.
Canta una sfogliatrice a piena gola :
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.
XVII – Il piccolo bucato
Come tetra la sizza che combatte
gli alberi brulli e fa schioccar le rame
secche, e sottile fischia tra le fratte!
Sur una fratta ( O forse è un biancor d’ale? )
un corredino ride in quel marame :
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.
Ad ogni soffio del rovaio, che romba,
le fascie si disvincolano lente;
e da un tugurio triste come tomba
giunge una nenia, lunga, paziente.
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Già l’Aurora
Abbandona il talamo di Titone,
l’alba è già vermiglia
e vanisce il nero ammanto
della Notte.
Rivedo in te
Purpurea rosa
E bacio la tua bella mano,
Che tiene il filo della mia vita.
Tacciono le nostre favelle
E ti fo catena delle mie braccia.
Ti suggello con le mie mordaci labbra.
Giostrano per celia
Le nostre lingue innamorate.
E prego la Sorte
Che non ti divida mai da me.
-
Già l’Aurora
Abbandona il talamo di Titone,
l’alba è già vermiglia
e vanisce il nero ammanto
della Notte.
Rivedo in te
Purpurea rosa
E bacio la tua bella mano,
Che tiene il filo della mia vita.
Tacciono le nostre favelle
E ti fo catena delle mie braccia.
Ti suggello con le mie mordaci labbra.
Giostrano per celia
Le nostre lingue innamorate.
E prego la Sorte
Che non ti divida mai da me.
-
VIII – Dall’argine
Posa il meriggio su la praterìa.
Non ala orma ombra nell’azzurro e verde.
Un fumo al sole biancica; via via
fila e si perde.
Ho nell’orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l’azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
PASCOLI
-
VIII – Dall’argine
Posa il meriggio su la praterìa.
Non ala orma ombra nell’azzurro e verde.
Un fumo al sole biancica; via via
fila e si perde.
Ho nell’orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l’azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
PASCOLI
-
Riecheggia
La tua voce melodiosa
Nei miei orecchi.
E riaffiora alla memoria
Il tuo volto di madonnina
Dei primordi della nostra storia.
Felicità piena
Nel tuo sorriso
E nel mio cuore.
-
xxx
Non più notizie
da San Felice.
Hai sempre amato i viaggi
e alla prima occasione
sei saltata fuori
del tuo cubicolo.
Ma ora come riconoscersi
nell’etere ?
-
Ardo come un tempo
Al luccichìo dei tuoi begli occhi.
Taci, se mi vuoi dire
Che ancora ti assillano
Tristi pensieri e sordo rancore
Ormai antico.
-
Dalle stelle precipiterei
Negli abissi,
Se tu cessassi di amarmi
Per tua o per mia colpa.
Il cielo dell’anima mia
Sarebbe sempre coperto di livore
O in tutto simile a notte fonda.
Buio sarebbe il futuro,
Spenta ogni speranza di vita.
-
Se è vero
Che ancor m’accetti
Quale amante e sposo
Indissolubilmente a te congiunto,
E’ vero anche
Che la tua fiducia traballa
E ti rode la gelosìa latente
-
Credimi – immotivata.
Quali prove ancora
Ti attendi?
T’amo ancora…
come sempre
E mai potrei…
Fare a meno di te!
-
-
Se è vero
Che ancor m’accetti
Quale amante e sposo
Indissolubilmente a te congiunto,
E’ vero anche
Che la tua fiducia traballa
E ti rode la gelosìa latente
-
Credimi – immotivata.
Quali prove ancora
Ti attendi?
T’amo ancora…
come sempre
E mai potrei…
Fare a meno di te!
-
-
Solo ti chiedo
Che tu mi lasci
Sognare ancora
Cieli sereni,
Mare azzurro
E monti innevati.
E tu solo mi chiedi
Vita tranquilla
E trasparenza di pensieri,
Amore sincero e unico.
Troppo preziosa è
La felicità coniugale.
Tu lo sai, io lo so.
Ma a noi non costa nulla
Proteggerla,
Perché l’amore di mezzo secolo
E’ pietra di diamante.
-
CARDUCCI
Per le nozze di mia figlia ( 1880-81 )
O nata quando su la mia povera
casa passava come uccel profugo
la speranza, e io disdegnoso
battea le porte de l’avvenire;
or che il piè fermai su ‘l termine
cui combattendo valsi raggiungere
e rauchi squittiscon da torno
i pappagalli lusingatori;
tu mia colomba t’involi, trepida
il nuovo nido voli a contessere
oltre Appennino, nel nativo
aere dolce de’ colli tòschi.
Va’ con l’amore, va’ con la gioia,
va’ con la fede candida. L’umide
pupille fise al vel fuggente,
la mia Camena tace e ripensa.
Ripensa i giorni quando tu parvola
coglievi fiori sotto le acacie,
ed ella reggendoti a mano
fantasmi e forme spiava in cielo.
Ripensa i giorni quando a la morbida
tua chioma intorno rozze strisciavano
le strofe contro a gli oligarchi
librate e al vulgo vile d’Italia.
E tu crescevi pensosa vergine,
quand’ella prese d’assalto intrepida
i clivi de l’arte e piantovvi
la sua bandiera garibaldina.
Riguarda, e pensa. De gli anni il tramite
teco fìa dolce forse ritessere,
e risognare i cari sogni
nel blando riso de’ figli tuoi?
O forse meglio giova combattere
fino a che l’ora sacra richiamine?
Allora, o mia figlia, - nessuna
me Beatrice ne’ cieli attende –
allora al passo che Omèro ellenico
e il cristiano Dante passarono
mi sgorga il tuo sguardo soave
la nota voce tua m’accompagni.
-
2019
Ch’io ricordi,
l’inverno scorso
è stato tra i più duri,
pertanto percepito
lunghissimo ( geniale
pensiero di Einstein ).
Non è mancata però
La consolazione
Delle manifestazioni
D’affetto familiari
Di moglie, figli e nipoti.
Per loro io paterfamilias
Dovrei esser eterno,
ma l’eternità appartiene
solo ai sentimenti
e alla poesia, come voleva
il Romanticismo ottocenresco.