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Contenuti pubblicati da fabiobrotto

  1. LAGUNA

    Dell'Album Gino Ghedina

    LAGUNA, di Gino Ghedina. Non c'è data, ma nel piccolo album in cui è contenuta questa immagine (pastello colorato) della Laguna di Venezia, quasi tutti i fogli sono vuoti. Si può dunque presumere che questa sia una delle sue ultime cose.

    © Fabio Brotto

  2. Gino Ghedina

    Gino Ghedina (1895 - 1955), di antica famiglia cortinese, ultimo di una stirpe di pittori di cui tratta un racconto mitico del famoso libro di Karl Wolff I monti pallidi (La pittrice del Faloria), è un artista meritevole di essere riscoperto. Ed è anche il mio nonno materno. (Fabio Brotto)
  3. Anni 50 - 10

    Dell'Album ANNI 50

    La mia Cresima, maggio 1958 (col mio padrino Elvio Petrovich). Fui cresimato da Angelo Roncalli.

    © Fabio Brotto

  4. ANNI 50

    Immagini della mia vita negli anni Cinquanta.
  5. L'AMANTE

    Nell’alto cielo ai limiti di sera
    l’inerzia che ogni giorno lo consuma
    si fa corposa.
    L’alta mancanza, spaziale frutto
    già consumato ai limiti del giorno,
    non lo riposa.
    Brevi in silenzio sono andati gli anni.

    Incomprensibile frutto di vita
    prigioniero dei molti anni,
    ora la carne è pronta a coglierti
    ma lo spirito è vecchio, vecchio, vecchio.

    Illuminazioni rapsodiche offendono
    il limite corposo delle cose
    che gli son care.
    Offesa resta l’incapacità di dire
    il tremendo profumo delle rose.

    Tremano i vetri delle grandi case
    carezzati dal sole del tramonto
    pallido e strano
    e sui prati si destano miriadi
    e aprono le orecchie della sera.
    Per questo stesso istante ti lasciavo
    molti anni fa, né più ti ho vista, amica,
    e ancora resta il tremore del futuro
    che incarnava i fantasmi che amavo.

    Come dell’usignolo il canto atroce
    si spande dagli alberi del fiume,
    così trapassa l’anima fugace
    velata dai residui della luce.
    E passa accanto il tuo ricordo, donna
    del tempo oscuro, della lontananza.

    Tace la stanza e tutto mi ricorda
    questa tua assenza, tu — sparita — amante.
    Sole riflesso su pareti bianche,
    voci di fuori, le mie membra stanche,
    l’anima vuota, vi filtrano bagliori
    di speranze e d’attese incenerite.
    E tanti libri, posati alle pareti,
    non hanno dato la felicità:
    l’angoscia nera qui stende le reti
    e vuol regnare e si pretende eterna.

    Tace la stanza e la piccola sapienza
    accattata negli anni è fatta esangue.
    L’idea finale ancora si presenta,
    solitario veleno, ghiaccia il sangue.
    A riscaldarlo manca il tuo calore.

    Ecco il vuoto fa corpo intorno a me
    e mi devasta l’attimo del sonno
    che più non viene: ti ho veduta e dunque
    s’incarna nel mio cuore il tuo fantasma.

    Turbinare d’immagini rifrante
    plasma il terrore della solitudine
    in una sempre più feroce danza.
    E tiene ancora l’anima sospesa
    il vano amore della tua sembianza.

    Canto di solitudine e di oblio
    nella notte affannata ci rimbalza
    il misterioso uccello che lontano
    lamenta la distanza della luna.
    E ancora in alto la lucente sfera
    illumina il tuo volto di fantasma
    nato da questo grembo della sera.

    Ma luce d'occidente non dilegua,
    anche se dolce la speranza muore
    desiderata, l’immagine del fiore
    che coltivavi una volta per me.
    E non so ancora se il frutto dell’assenza,
    la piaga, la piaga inespiabile,
    sia uno sterile seme del nulla
    o la speranza di una vita nuova.

    Tutta l’angoscia che la terra chiude
    mi hai rivelato in questo alef di pianto
    nascosto nel sorriso della donna.
    Ti ho qui davanti, il dio che tutti illude,
    e vorrei che l’uccello di Minerva
    rispiccasse il suo volo nell’aurora.

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  6. Grande angoscia è quella di chi rimane sveglio e vigile in un mondo di dormienti.

  7. Anni 50 - 9

    Dell'Album ANNI 50

    Zero Branco 1953. Di quei tre bambini alla destra della mamma che tiene in braccio mio fratello Paolo ricordo solo la biondina con le trecce. E' la Natalina Duprè, che l'anno successivo mi insegnò a mangiare gli spaghetti crudi. Buonissimi!

    © Fabio Brotto

  8. Sono sempre stato un amante dell'ordine e della disciplina, ma non di ogni ordine e disciplina.

  9. ITALIANI NON BRAVA GENTE. Sto leggendo il libro di Enzo Ciconte "La grande mattanza", storia della repressione del banditismo e del brigantaggio operata per tre secoli, fino al 1870, dagli Stati italiani, compresi la Repubblica Veneta e l'Italia unita. Un libro impressionante, non solo per la descrizione dell'efferatezza delle stragi e del trattamento dei corpi degli uccisi, ma anche per la denuncia dell'evidente ottusità di governanti e repressori, che per secoli continuarono ad applicare le stesse fallimentari e controproducenti ricette. Pensate che in Calabria nel 1861, al fine di tagliare i rifornimenti di cibo ai briganti, un contadino poteva essere fucilato sul posto se sorpreso in campagna con una quantità di pane superiore a quella del consumo personale quotidiano. Quantità decisa al momento dai soldati...

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  10. Gino Ghedina - 2

    Dell'Album Gino Ghedina

    Gino Ghedina, ritratto della figlia Teresa (mia madre), 1940. Olio su masonite. Treviso, collezione Fabio Brotto.

    © Fabio Brotto

  11. Anni Cinquanta - 8

    Dell'Album ANNI 50

    Il padre indica una strada, il figlio ne seguirà un'altra. A Zero Branco con papà, sulla ghiaia che ha visto i miei primi passi, a 8 mesi, nell'estate del 1951. Con un cagnetto giallo, che mi seguì per anni, e di cui ricordo bene anche le cuciture e la liscia durezza della pelle. Era finto, però...

    © Fabio Brotto

  12. Autoritratto, 1914

    Dell'Album Gino Ghedina

    Gino Ghedina nel 1914. Treviso, collezione Fabio Brotto.
  13. Anni Cinquanta - 7

    Dell'Album ANNI 50

    Venezia, dicembre 1951. Ho un anno, e già so quanto sia bella la vita del flaneur, tra un caffè e l'altro. Notare ghette e cappottino di coniglio.

    © Fabio Brotto

  14. Nulla è eterno in politica. Nemmeno le democrazie, che nascono da violenza, e in violenza tramontano.

  15. Svegliati, autunno! Fa' presto!

  16. Stentiamo a comprendere quello che ci accade nella nostra misera esistenza, e pensiamo di comprendere e giudicare il mondo.

  17. Nulla fa vacillare la ragione quanto la paura.

  18. SERPENTE DEL NULLA

    Come letture soavi
    nel cuore ti prendono molto,
    dimentichi il tempo che corre,
    parole che grave ti fanno.
    Ecco parole del dio,
    il suono che nulla conosce,
    riprende a volare quel canto,
    invano si spande sul volto.

    Parole che vengono e vanno,
    miriadi intessono tele.
    E tu resti chiuso nel sonno,
    il corpo richiede piacere.

    Oltre il nulla che dice parola
    sta la soglia del nulla profondo.
    La parola serpente del nulla
    cade in trappole, spegne il silenzio.

    serpente del nulla.jpg

  19. Anni 50 - 6

    Dell'Album ANNI 50

    Anche uno scolapasta può essere un trono.Zero Branco 1951. Pochi giorni prima del trasferimento a Venezia.

    © Fabio Brotto

  20. ECHIDNA

    Si rinnova del caldo dell’estate 
    la nostalgia nei tempi senza nome 
    dolce fuggita, e poi sepolta in cuore 
    dalla polvere delle ere desolate.
    Potrei amare il vano infrangimento 
    d’ogni costante attesa in cui rivela 
    la tua potenza il solitario incanto. 
    In cui miriamo l’immagine riflessa 
    del desiderio folle e senza fine 
    che sia vero il tuo occhio di serpente.

    Delle nubi di latte che la luna 
    filtrano in cielo canta 
    il feroce usignolo che del cielo 
    ci fa tremare. 
    Ma sul ramo più basso che alla terra 
    sulla riva del fiume porge i fiori 
    si avvolge un dolcissimo serpente 
    e la sua pelle splende 
    più che la luna. 
    Momento che l’obliquo dio trascorre 
    della brezza lieve 
    e si placa per poco il turbamento 
    del finire del tempo così breve.

    Come risplende il tuo lucido fato 
    che io ti invidio, che ti fa sereno 
    come la luna, argento in faccia al dio! 
    Quando l’angoscia è diventata piena 
    in questa oscena, dura e vuota notte 
    te costruisco, mio fantasma amato. 
    E quando splende la tua lucida spoglia 
    della luce lunare, mio serpente 
    e quando cresce la tremante voglia 
    io ben conosco che il veleno scende.

    Quando cade degli occhi il tenue velo 
    che ti nasconde, che mi fa dolere 
    chiara risplende e dolce margherita 
    dove le nubi e il sole e il grande cielo 
    tu mi rifletti, mio serpente, vita 
    di ogni momento sognato di piacere.

    Frammentata la luce in scaglie 
    brulicanti essenze confondono 
    di vita, di luna le cose. 
    Come adeguare nell’anima 
    proteiforme misura del tempo
    i mille disegni dei fiori 
    tu potevi allora insegnarmi. 
    Ma le ansie e i terrori di fuori 
    hanno ucciso la vecchia sapienza. 
    E di te, mio serpente, rimane 
    qualche brano di pelle arida.

    Echidna.jpg

  21. LA FRONTE

    La fronte serena di rose,
    non colte da te, dell’estate, 

    da un vento alieno baciate, 
    lasciate inclinare alla sera,
    un dolce serpente accarezza,
    che ama guardare i tramonti.

    la fronte.jpg

  22. IL RESPIRO

    Sta nella vita breve
    un piccolo respiro.
    Come una piuma lieve
    come una bolla, neve.

    L’odore della sposa
    la luce di zaffìro
    sugli occhi si posa
    che tremano, la rosa.

    Poi, tu lo sai che viene
    come l’ignota runa
    dopo la sera bruna
    la notte senza luna.

    il respiro.jpg

  23. Anni 50 - 5

    Dell'Album ANNI 50

    Con mio fratello Paolo, Lido di Venezia, giugno 1959.

    © Fabio Brotto

  24. Anni 50 4

    Dell'Album ANNI 50

    Con le mani piene di seme col sal. In una solatia giornata del febbraio 1956, a San Giacomo dall'Orio, Venezia, davanti a casa mia, in Campiello del Piovan. Con mio fratello Paolo e Giuliano Petrovich.

    © Fabio Brotto

  25. Anni Cinquanta 3

    Dell'Album ANNI 50

    Con mio fratello Paolo e il mio nonno materno Gino Ghedina, pittore. Venezia 1954. A quel tempo lui, che era vedovo da tre anni, viveva con noi a San Giacomo dall'Orio. Abitava con noi dal 1952 anche sua cognata, la mia prozia Maria Rezzani: per me e per Paolo lei fu la vicaria della nonna. Il nonno Gino aveva allestito il suo studio nella soffitta. Ho qualche ricordo di quel luogo magico, in cui posai per il mio ritratto. — con Gino Ghedina

    © Fabio Brotto